Oggi Severn Suzuki è una bella Donna di 33 anni e ha continuato a perseguire i suoi obiettivi nonostante gli impegni familiari.
Cresciuta
in una famiglia di ambientalisti – suo padre è David Suzuki,
scienziato, divulgatore e autore di 52 libri, sua madre è scrittrice -
Severn ha conseguito due lauree, in Biologia a Yale e in Etno botanica
alla University of Victoria in Canada. Da un anno è diventata madre.
Grazie al web, Cristina Gabetti è riuscita a raggiungerla e a raccogliere questa intervista (http://www.cristinagabetti.com/articoli/versione-integrale-dellintervista-a-severn-cullis-suzuki-pubblicata-oggi-su-sette-corriere-della-sera/) una parte è stata pubblicata su Sette.
Il suo discorso del 1992 sembra scritto ieri. Come reagisce a questo? C’è solo una frase che data il mio discorso: la nostra famiglia umana di 5 miliardi. Oggi mi stupisco ancora del fatto che non siamo riusciti a invertire la rotta. Al tempo avevo 12 anni, e pensavo che, catturando l’attenzione dei leader del mondo, essi avrebbero usato il loro potere per cambiare il corso dell’umanità. Ho creduto che avrebbero pensato ai loro figli prima di prendere decisioni importanti. Ero un’idealista.
Il suo discorso del 1992 sembra scritto ieri. Come reagisce a questo? C’è solo una frase che data il mio discorso: la nostra famiglia umana di 5 miliardi. Oggi mi stupisco ancora del fatto che non siamo riusciti a invertire la rotta. Al tempo avevo 12 anni, e pensavo che, catturando l’attenzione dei leader del mondo, essi avrebbero usato il loro potere per cambiare il corso dell’umanità. Ho creduto che avrebbero pensato ai loro figli prima di prendere decisioni importanti. Ero un’idealista.
Come fa a mantenere uno spirito positivo?
Se
apriamo la mente e il cuore verso I problemi che affliggono gli
ecosistemi e i popoli dall’altra parte del globo, è facile deprimersi.
Più vado avanti più mi accorgo che non me lo posso permettere. Mettere
in pratica la visione che abbiamo del mondo, sostenendo e promuovendo lo
sviluppo della società alla quale aspiriamo, è importante quanto
battersi contro l’ingiustizia e il danno che stiamo arrecando alle
future generazioni. Se crediamo in un mondo bello, dobbiamo cercare di
renderlo concreto in ogni modo possibile. Trovare la gioia è la sfida
più grande, ed è una ricerca che m’ispira e mi rafforza. Significa
prendere il tempo per coltivare e preparare cibo buono, significa
costruire uno spirito comunitario, ricordandoci che ciò che è bene per
la qualità della nostra vita fa bene anche all’ambiente. Mi ispira la
forza degli altri. Sulla mia scrivania ho una frase del Dalai Lama, “Non
ti arrendere mai”. Mi ricorda quali sfide e ingiustizie abbia
affrontato il popolo tibetano, mi aiuta ad apprezzare tutto ciò che ho e ciò che sono libera di fare. Siamo potenti nella misura in cui ci crediamo.
Dove vede i cambiamenti più tangibili?
A
livello locale. E’ lì che possiamo agire e vedere i risultati. Il
globale è la somma del locale. Abbiamo bisogno che i governi locali e
centrali sostengano i cambiamenti in atto nelle comunità. Possono farlo
fissando standard di risparmio energetico, creando reti di trasporto più
efficienti, incentivando i comportamenti che tutelano l’ambiente. Non è
giusto che sia così difficile fare la cosa giusta; al momento le nostre
società favoriscono scelte facili a basso costo che sono terribilmente
dannose per l’umanità e per il pianeta.
Dei tanti progetti nei quali è impegnata, quali le permettono di raggiungere in modo efficace i suoi obiettivi?
Buona
domanda. Tutti I progetti e le campagne alle quali ho lavorato mi hanno
insegnato molto. Ho conosciuto persone incredibili, e continuo a
imparare. E’ stato un privilegio lavorare con il Sloth Club Japan, un
gruppo di visionari che hanno come missione di rallentare il Giappone.
Credono profondamente nei valori del movimento Slow Food, nato in
Italia, ma trasferiscono I principi “slow” a ogni aspetto del
quotidiano. Credono che stiamo correndo troppo, a danno nostro e del
Pianeta. Quando sono stata in Giappone, mi hanno organizzato conferenze
straordinarie – sanno mobilitare la gente e diffondere messaggi con
grande efficienza. Al momento sto lavorando con un gruppo di giovani
alla campagna “We Canada” per portare I nostri politici a mostrare
un’autentica leadership alla Earth Summit di Rio nel 2012. E’ un gruppo
di persone ispirate e piene di energia, e mi colpisce per la capacità di
fare rete, di esprimere al meglio il potenziale dei social media.
Abbiamo strumenti potenti per comunicare e fare rete, dobbiamo solo
rendercene conto.
Chiaramente
il cambiamento arriva dal basso – lo vediamo in Egitto, Tunisia, in
Siria. Il mondo cerca disperatamente di cambiare. Vede all’orizzonte
leader capaci di condurre l’umanità sulla giusta rotta?
Il
50% della popolazione mondiale è giovane. Pensiamoci. C’è grande
potenziale per una rivoluzione. Purtroppo i giovani non sono attratti
dalla politica – hanno eletto Barack Obama, ma da allora non sono più
andati a votare, e questo è un trend mondiale. I giovani devono prendere
coscienza del potere che hanno in cabina elettorale. Dalla conferenza
di Rio del 1992, 19 anni fa, mi sono impegnata nelle piazze, in TV, come
scrittrice, e mi sono laureata, ma l’azione più potente resta ancora il
mio discorso da dodicenne. Perché? Credo che abbia a che fare con ciò
che al mondo, oggi come allora, necessita maggiormente: la voce dei
giovani, la loro verità. I giovani, che hanno tutto da perdere, hanno un
messaggio potente da consegnare a chi vive come se il futuro non li
riguardasse. Occorre che prendano la parola e sfidino i leader del mondo
ad affrontare l’ingiustizia intergenerazionale. Il cambiamento
climatico è una condanna per i giovani di oggi, creata dalle generazioni
passate e presenti. Nel corso della storia, gli umani hanno agito
pensando al futuro, alla sopravvivenza della specie, e le tecniche di
sopravvivenza più basilari oggi sono state gettate al vento, a danno dei
nostri figli.
Dei
tanti veicoli che diffondono il suo lavoro: l’editoria, il web, la
radio, la TV e le conferenze, qual è il più efficace per innescare il
cambiamento?
E’
difficile misurare quanto riusciamo ad agire sulla coscienza
collettiva. Cambiare il modo in cui le persone pensano e agiscono è un
lavoro informe, amorfo. I media sono strumenti per parlare alle persone,
e ce ne sono un’infinità, oggi, ma ciò che trasforma veramente è
l’esperienza. Fare. Se la gente è testimone di un problema, se visita un
luogo naturale minacciato, è più prona ad agire. Dobbiamo uscire,
vedere, conoscere. Se conosciamo Ia natura, ci batteremo per lei.
Una
vita sostenibile è fatta da un insieme di scelte, gesti, abitudini
umili e semplici per chi le mette in pratica, ma per tanti, troppi, sono
una soglia da superare. Chi sono I suoi modelli e come affronta la
sfida di promuovere ciò che sembra tanto ovvio?
Su
libri e riviste leggiamo spesso: “soluzioni facili per essere
sostenibili”. Ma la transizione verso stili di vita sostenibili non è
facile per molti, anche quando ha senso per la salute, per le comunità e
per la qualità della vita. Portare la nostra società a promuovere e
mettere in pratica stili di vita sostenibili non è semplice e nemmeno
facile, ed è la grande sfida per i divulgatori – facilitare la
transizione. Occorre il sostegno dei governi, per ridurre
l’inquinamento, gestire l’uso dell’acqua e dell’energia, per incentivare
i giusti comportamenti. Un punto di riferimento per me è Thomas Friedman.
Il suo ultimo libro "Il mondo è piatto" è una fonte esauriente di
informazioni provocatorie e d’ispirazione sulla sfida che affrontiamo.
Sulla
sua fan page di facebook c’è un messaggio commovente di una ragazzina
italiana di dodici anni che dice: “fino a quando ho visto il tuo
discorso del 1992, pensavo che i problemi ambientali di cui sento
parlare fossero recenti. Lei è diventata mamma da poco tempo – non è
preoccupata per il mondo che suo figlio erediterà?”
Mio
figlio ha un anno. Devo credere che erediterà un mondo che merita di
essere vissuto. Ho imparato da mia madre che possiamo arrabbiarci,
essere tristi, ma non dobbiamo mai perdere la fiducia. Il nostro pianeta
è bellissimo, ed è onorando tanta bellezza che saremo spronati a
batterci affinché non venga distrutta. Dobbiamo attingere alla nostra
forza emotiva, in qualità di figli, genitori, zii, nonni, e connetterci
con le sfide globali che stiamo affrontando. Dobbiamo batterci per la
giustizia.
Lei,
in qualità di biologa e ambientalista, interpreta i recenti disastri
naturali, da Katrina agli tsunami, come un “campanello d’allarme” che la
natura cerca di dare all’uomo?
Quando
l’urragano Katrina colpì New Orleans pensai: “il mondo occidentale
dovrà svegliarsi e affrontare i cambiamenti climatici.” Verrebbe da
pensare che anche la possibilità più remota che l’uomo abbia contribuito
a un disastro di tale portata, avrebbe fatto riflettere gli americani.
Di fatto, il “campanello d’allarme” non ha inciso in maniera
significativa sulla legislazione riguardo ai cambiamenti climatici. Mi
chiedo cosa occorre per svegliare l’umanità. Molti parlano di “giustizia
climatica” o “razzismo ambientale”, alludendo al fatto che i più poveri
sopportano maggiormente gli impatti sociali del degrado ambientale. La
società è palesemente ingiusta? Il pensiero mi fa venire i brividi e
minaccia la mia fiducia che le persone abbiano un innato senso di
giustizia, a favore dei più deboli. La devastazione causata dagli
tsunami serve come promemoria per tutti noi, ci ricorda Il crudo potere
del mondo naturale, che merita rispetto.
In qualità di biologa e etno-biologa, quali sono I fatti che la preoccupano maggiormente e che richiedono azioni immediate?
Andando
per mare e per terra con gli anziani nativi, mi ha sconvolto scoprire
che le risorse alimentari alle quali attingevano da bambini oggi sono
contaminati. In diverse aree che abbiamo visitato, molti cibi non sono
più commestibili a causa dell’inquinamento. Non mi aspettavo un dato
simile, e mi ha rattristato molto. C’è un bagaglio prezioso nel sapere
degli anziani. In passato non sono stati raccolti molti dati di
riferimento per quanto riguarda la salute degli ecosistemi prima dello
sviluppo esponenziale degli ultimi decenni, ed è così che la memoria
degli anziani diventa basilare.
Quali sono i sentimenti suoi e della sua famiglia riguardo all’energia nucleare?
Ho sempre pensato all’energia nucleare come a un patto con il diavolo.
Come calcola la sua impronta ecologica?
Ci
sono diversi siti per farlo online; ridurre il proprio impatto è un
esercizio importante per capire come vivere in modo più ecologico.
Dove vive?
Sull’arcipelago di Haida Gwaii . “Isole delle persone”, a nord ovest dalla costa del Canada.
In questi giorni lei è in Europa. Perché?
Sto
visitando mia sorella che studia in Inghilterra, e approfittiamo
dell’occasione per presentare mio figlio ai suoi parenti britannici.
A cosa sta lavorando ora?
Alla
salvaguardia dell’idioma Haida, che oggi è parlato solo da un gruzzolo
di anziani. E’ la lingua di mio marito e ora di mio figlio, e vogliamo
mantenerla viva. Questo sarà possibile grazie agli anziani dai quali la
stiamo imparando. Sto anche lavorando alla campagna We CANada in vista
del summit di Rio nel 2012. Il governo canadese sta lasciando una
pessima eredità ambientale – sono imbarazzata. Sono portavoce del gruppo
canadese “Girls in action” per promuovere autostima e opportunità
positive per giovani donne, e sono presidente di consiglio della David
Suzuki Foundation (la fondazione del padre, ndr).
Il mestiere più importante che svolgo ora è di crescere un bimbo sano e forte.Video di Severn Suzuki – Rio 1992 http://www.youtube.com/watch?v=NStyRt19flA
Sloth Club Japan http://www.sloth.gr.jp/E-index.htm
We CANada www.earthsummit.ca
Nessun commento:
Posta un commento