Nascere in un luogo o in un altro non è
un merito.
Poter vivere dignitosamente in qualsiasi luogo è un
diritto.
Se i bambini non possono vivere la loro infanzia questo
è un crimine.
I bambini alzano gli occhi e ti sorridono, i bambini piangono,
i bambini giocano.
Molti bambini non sorridono, non piangono, non
giocano.
Muoiono mentre gli adulti non danno loro risposte alla
domanda: "perché sono nato?"
PERCHÉ IO SONO UN BAMBINO
Guardami negli occhi
presidente del Fondo Monetario Internazionale, guardami negli
occhi manager multinazionale, guardami negli occhi politicante
occidentale, dell'est, del sud, del nord; guardatemi negli occhi,
voi, capi delle chiese umane; anche tu, rivoluzionario da salotto
che con la pancia piena scrivi sul triste destino degli altri, su
come sarebbe bello ma non è, sulla necessità del
pragmatismo ed infine su questo mondo "il migliore
possibile".
Guardatemi bene negli occhi perché tra poco non ce la
farò più io a reggere il vostro sguardo.
Ho camminato da quando ho imparato a camminare; ho scavato da quando
ho imparato ad usare le mani; ho pensato da quando il mio
cervello ha iniziato a decifrare il muro che mi ostacola in ogni
dove. E tutto questo l'ho imparato quasi sempre per mangiare.
Quelle poche volte che ci sono riuscito.
Voi sapete cos'è
la fame, tanto che mangiate ogni minuto, producete sempre di
più perché "non si sai mai", perché avete il
terrore di trovarvi senza mangiare. Lo avete provato solo quando
siete nati. Un ricordo ancestrale che vi terrorizza. Quegli
istanti nei quali il vostro pianto straziante annunciava
l'urgente, inderogabile necessità del mangiare.
Guardatemi
bene negli occhi non fate finta di non capire. A me, quel pianto
straziante, quel pianto giusto, non mi ha mai abbandonato. Solo
adesso forse, mi lascerà.
Se qualcuno spiega i
perché di questo nostro lento addio, lo lasciate a parlare
nella notte delle coscienze, magari gli date un premio
purché, poi, taccia per sempre.
Se qualcuno cerca di
risolvere i perché di questa sistematica condanna a morte,
lo schiacciate come un insetto fastidioso.
Parlate di pace, ma non ce n'è uno di voi che
rinuncerebbe ai soldi delle armi; parlate del mondo diseguale e
continuate a renderlo tale.
Io sono proprio arrivato alla fine ma voi non potete alzare la
testa, dovete guardarmi, quaggiù, ancora negli occhi.
Dovete guardare qui sotto, dove non avete mai guardato veramente. Dovete guardarci, noi bambini.
Ci avete tolto l'infanzia e parlate di democrazia. Dite: "ma una
volta era peggio". Forse, ma sicuramente, quella volta, era meno
cinica. Non arrivava nessuno in aereo a dirci "vi aiuteremo" e
poi l'oblio del silenzio che copre la menzogna.
Voi avete chiuso la porta sulla vostra vita. Credete che si
"è" solo se si abbandona la propria infanzia. Niente
malinconie. Adesso, maturi, proiettati verso il futuro,
più forti e belli che mai; pronti alle sfide; adesso basta
un "click"; senza storia, né memoria.
Per questo vi ho continuato a dire "guardatemi negli occhi";
perché io sono la vostra storia, quella vera, e sono
quindi il vostro fallimento. Me ne vado senza speranza, io, che
della speranza sono l'essenza, e sono troppo piccolo per pensare
che qualcuno dopo di me cambierà questo mondo ipocrita.
Perché io sono un bambino e volevo solo vivere prima di
morire.
E' molto difficile
stimare il numero dei bambini di strada nel mondo: si parla di
100-150 milioni, ma potrebbero essere molti di più. Alcuni
lavorano in strada ma vivono per lo più in famiglia, altri
tornano a casa occasionalmente e molti altri non hanno più
legami con la loro famiglia da anni perché ne sono
fuggiti, sono stati abbandonati o sono rimasti orfani. Una volta
in strada i pericoli e l'emarginazione finiscono per riportarli
in situazioni di abuso e violenza. Sono bambini che hanno anche
solo 5-6 anni e quasi tutti lavorano per sopravvivere o chiedono
l'elemosina. Sniffano colla per attenuare i crampi della fame,
commettono piccoli furti, si prostituiscono. Anche i contesti
urbani in cui vivono questi bambini sono molto diversi, a partire
dalle condizioni climatiche: basti pensare ai rigidi inverni nei
paesi dell'Est europeo dove avere un riparo diventa fondamentale
anche solo per sopravvivere.
AMERICA LATINA
di Maria Lidia Mota Cunha
Associazione delle donne brasiliane
in Italia
Nei paesi latino-americani sono circa 30 milioni i minori
che lavorano per aiutare la famiglia di origine, e quelli che
vivono per la strada, in forma stabile o temporanea, sono
all'incirca 15 milioni. E' per questo che quando si parla di
bambini di strada si pensa subito all'America Latina e in
particolare al Brasile, dove vive la maggioranza dei bambini di
strada di tutta l'America Latina, che a sua volta raccoglie i due
quinti di bambini di strada di tutto il mondo.
La mancanza di
politiche sociali adeguate, la cattiva distribuzione del reddito
e la povertà rendono la condizione dei 187 milioni di
bambini e ragazzi del continente molto difficile.
Questo fenomeno, chiamato povertà, è percepito
come un fenomeno integrale, associato a fattori psicosociali,
culturali ed economico-strutturali. Oggi circa il 40% della
popolazione latino-americana è considerata povera.
La
povertà è un fenomeno complesso che ingloba varie
dimensioni, come: reddito basso, fame e malnutrizione, salute
precaria e non accessibilità degli individui e delle
famiglie ai servizi di base come: abitazione, salute, educazione,
trasporto e tempo libero. Salute, educazione, lavoro e ambiente
salubre sono dimensioni importanti per lo sviluppo umano e,
indipendentemente del reddito, l'accesso a questi beni dovrebbe
essere assicurato per tutti cittadini.
Per guadagnare qualcosa per sfamare i figli, i genitori non
hanno scelta: chiudere i figli in casa o obbligarli a lavorare da
quando sono piccoli. Un'altra soluzione è abbandonarli
nelle strade alla mercé della sorte che molto spesso porta
solo botte, sevizie sfruttamento e umiliazione.
Vittime della
miseria e dell'abbandono della famiglia e della società in
generale, essi camminano per le strade in cerca di
solidarietà e di una soluzione per sopravvivere. E
così cercano di sopravvivere senza saper fino a
quando.
Queste presenze marginali che ancora oggi vivono vagando nei
centri delle città, creano disagi ai passanti e ai
commercianti e "danno fastidio" alla polizia, che in genere
adotta un atteggiamento estremamente repressivo e violento.
Eternamente in sospetto verso tutto e tutti - la stragrande
maggioranza di questi ragazzini non infrangono nessuna legge ma
cercano di sopravvivere, chiedendo l'elemosina, nel disprezzo e
nel rifiuto della società, che li teme e li detesta per la
vita libera che fanno.
Senza una guida e protezione questi
ragazzi sono facile preda di malviventi che li utilizzano per
commettere furti o spaccio di droga e, poco a poco, sono
coinvolti in delitti più gravi.
Nel momento che si comincia a creare una certa dipendenza da
gruppi di fuorilegge più organizzati, i bambini non hanno
altra scelta che continuare a praticare furti e altre
attività delinquenziali e spesso vengono eliminati dagli
'squadroni della morte' (sorte di bande di cittadini al di sopra
di ogni sospetto: commercianti, poliziotti ecc). Se tentano di
abbandonare il gruppo sono ugualmente a rischio perché
ricercati dai malviventi.
Nel quadro d'abbandono in cui vivono
questi ragazzi, la chiesa progressista iniziò, negli anni
70, a fare un lavoro di assistenza offrendo cibo, vestiti e un
posto per dormire. Anche se importanti per ridare speranza ad
alcuni ragazzi,queste iniziative assistenziali hanno
rappresentato una soluzione passeggera che molte volte non
riusciva a togliere i ragazzi della strada. Varie organizzazioni
della società civile intrapresero allora attività
di recupero con proposte educative, continuative coinvolgendo i
ragazzi nella strutturazione di un vero e proprio progetto di
vita.
AFRICA
di Adriana Cancelliere
AIDS, conflitti,
povertà: queste le cause dell'aumento dei bambini di
strada nel Continente africano. Le difficoltà di trovare
le soluzioni giuste per risolvere un problema dalle cause
complesse.
Nella maggior parte dei paesi africani la famiglia allargata
è stata per decenni una struttura protettiva
dell'infanzia. Affidati ai membri anziani della comunità e
alle donne del gruppo in assenza dei genitori, i bambini venivano
automaticamente protetti dai rischi provenienti dall'esterno; e,
specialmente nelle zone rurali, ancora diffuse nel mondo
africano, essi potevano vivere in situazioni relativamente
protette. Ma il problema dei ragazzi di strada, sulla scorta
delle nuove emergenze che in questo inizio di secolo tormentano
il continente africano, dai conflitti armati all'emergenza AIDS,
all'urbanizzazione, sta esplodendo con una drammaticità
senza precedenti.
Aumenta il numero degli orfani senza tutela: in
Ruanda, dove la guerra civile ha reso orfani quasi 100.000
bambini, si contano ormai a migliaia i bambini e i ragazzi che
lavorano e vivono sulla strada nella capitale Kigali. E
così in Zaire, Burundi, Angola.
In Zambia, uno dei paesi
maggiormente toccato dall'emergenza AIDS, ci si aspetta che i
ragazzi di strada, resi orfani dalla malattia dei genitori,
raggiungeranno il numero di 300.000 entro la fine di quest'anno;
il rappresentante UNICEF dello Zambia ha denunciato la
gravità della situazione, affermando che questi bambini
sono esposti ai mille rischi della strada, come l'abuso di droghe
e la violenza sessuale.
ASIA
di Patrizia Paternò
Non solo. La perdita di scambi
privilegiati di alcuni paesi asiatici con la dissolta Unione
Sovietica, se da una parte ha visto avviare una fase di decollo
economico, non ha escluso l'emergere di nuovi problemi. E' il
caso del Vietnam che con la politica del "doi moi" (il
rinnovamento economico) ha iniziato a trasformare il sistema
economico pianificato in economia di mercato e che ha dovuto fare
i conti - di fronte alle migrazioni della popolazione dalle aree
rurali alle città - con la mancanza di infrastrutture
adeguate.Si parla di circa 16.000 bambini di strada in
Vietnam, un numero in crescita, in particolare nelle
città di Ho Chi Minh e Hanoi.Fino al 1990, la mancanza di dati precisi rendeva difficile conoscere l'entità delle situazioni a rischio per i bambini e la conseguente
adozione di misure adeguate. Oggi i dati e gli studi disponibili
stanno permettendo una migliore strategia di intervento.Urbanizzazione crescente, crisi economica, degrado sociale
sono alla radice dell'aumento dei bambini di strada nel
continente asiatico. La difficile condizione dei bambini che
cercano nuove opportunità nelle città
industriali.
L'Asia è il continente più popoloso del mondo e
sebbene il problema dell'urbanizzazione sia di proporzioni
più contenute rispetto all'America Latina, le statistiche
rilevano un progressivo aumento dei bambini che vivono in
condizioni particolarmente difficili nel contesto urbano, spesso
molto più critiche rispetto a quelle che affrontano i
bambini delle remote zone di campagna.
L'emergere, soprattutto
nell'ultimo decennio, di alcuni paesi del Sudest asiatico
nell'economia mondiale ha contribuito a modificare la mappa della
distribuzione della popolazione tra città e campagna.
L'euforia dello sviluppo economico - che pure, com'è noto,
ha subìto una forte contrazione con il crollo delle borse
asiatiche nell'estate del 1997 - ha spinto molte persone ad
abbandonare le campagne in cerca di occupazione nelle fabbriche
delle città industriali.
Nel settembre 1999 il Primo Ministro ha approvato un Piano
d'azione nazionale per la tutela dei bambini che vivono in
condizioni particolarmente difficili (sfruttamento sessuale,
lavoro pericoloso, vita di strada). La legislazione è il
primo passo ma deve essere rafforzata da particolari misure e
programmi concreti per provvedere ai bambini e alle loro
famiglie.
L'UNICEF ha elaborato una strategia di intervento che ha tre
indirizzi: la prevenzione dalle situazioni a rischio, la
protezione dei bambini che si trovano già in circostanze
difficili e la reintegrazione nelle famiglie e comunità.
Il lavoro insieme ad altre associazioni o organizzazioni non
governative è fondamentale. l'Agenzia danese per
l'Assistenza Internazionale (DANIDA) in Vietnam ha contribuito
con 400mila dollari per un progetto dell'UNICEF per i bambini di
strada.
Il progetto si basa sulla partecipazione dei bambini di strada
vietnamiti per aiutarli a esprimere le loro opinioni, i loro
sentimenti, desideri e bisogni sulla loro situazione e sul loro
futuro. Attraverso il coinvolgimento dei bambini è
più facile elaborare un piano di azione davvero
efficace.
EUROPA DELL'EST
di Elisabetta Porfiri
La comparsa del fenomeno dei bambini di strada nei paesi
dell'Est europeo - praticamente inesistente prima del 1989 - si
spiega col deterioramento delle condizioni di vita delle
popolazioni e con la crescente marginalizzazione economica e
sociale di settori sempre più vasti della società.
L'intervento dell'UNICEF, impegnato nella partecipazione diretta
ai programmi di assistenza dell'infanzia locale.
Per decenni, l'abuso e la violenza nei confronti dell'infanzia
sono stati ufficialmente assenti nell'Est europeo comunista: la
propaganda di regime trasmetteva un'immagine idealizzata e
patinata dei bambini, ben nutriti e ben assistiti, in
società tradizionalmente attente ai bisogni delle giovani
generazioni. Oggi, a dieci anni dalla caduta del muro, sul finire
di quel processo di transizione che avrebbe dovuto offrire nuove
opportunità alle giovani generazioni, i problemi sono
finalmente emersi in tutta la loro gravità e l'idea un po'
demagogica che la transizione all'economia di mercato avrebbe
contribuito a risolverli si rivelata utopica. Secondo
studi recenti i bambini sono, sempre più, vittime della
violenza domestica: nella Federazione Russa, nel 1996, 200
bambini sono stati uccisi dai genitori o da altri membri della
famiglia; sempre nella Federazione Russa nel 1998 15.000 donne
sono state uccise dai loro partner e 8.000 sono state
abbandonate, con conseguenze immaginabili sulle condizioni
materiali e psicologiche dei figli.
Si è registrato
anche un preoccupante aumento del numero dei bambini venduti a
loschi trafficanti da famiglie in crisi economica; in genere
questi bambini finiscono nel giro della prostituzione locale o
vengono introdotti nel traffico internazionale del sesso: molti
di loro provengono dalla Romania.Qualche cifra ci aiuta a
delineare le dimensioni del fenomeno dello sfruttamento sessuale
giovanile: in Estonia quasi il 30% delle prostitute è
costituito da minorenni; in Lettonia sono circa 10.000 i bambini
che invece di andare a scuola passano il loro tempo per strada,
altrettanti in Lituania e molti di loro si prostituiscono per
somme irrisorie; in Romania i ragazzi di strada vendono il loro
corpo pur di avere un posto riscaldato in cui trascorrere qualche
notte; nella Federazione Russa il crimine organizzato è
pesantemente coinvolto nello sfruttamento sessuale dei minorenni.
Ovunque, la prostituzione minorile è un fenomeno legato
alla vita di strada: i bambini che lavorano in night club, bar e
ritrovi o che dormono per strada o alla stazione sono per
definizione esposti al rischio dello sfruttamento sessuale.Altre statistiche che giungono a
conferma del malessere delle giovani generazioni nell'Est europeo
riguardano l'aumento del numero dei suicidi tra i minorenni:
nella Repubblica Ceca, p.es., il numero dei minori di 14 anni che
hanno tentato il suicidio si è più che
quadruplicato tra il 1990 e il 1994 (da 1,66 a 8,49 su 100.000
per quel gruppo di età), mentre il numero dei tentati
suicidi tra i 15 e i 19 anni è raddoppiato nello stesso
periodo. Il maggior numero di suicidi si riscontra in Lituania e
nella Federazione Russa dove 50 su 100.000 teenagers tra i 15 e i
19 anni si sono suicidati nel 1994. A suicidarsi sono soprattutto
i giovani che escono dagli orfanotrofi, ulteriore prova
dell'incapacità delle istituzioni statali di occuparsi dei
suoi giovani.Ai problemi che affondano le radici nelle strutturali carenze
del passato se ne sono aggiunti di nuovi come la mancanza di
case, manifestazione delle nuove povertà dell'era
capitalista: sempre più spesso famiglie strette nella
morsa della povertà vendono o affittano tutto quello che
possono vendere o affittare - compresa la propria casa - per
raggranellare qualche soldo. Di conseguenza, molti dei cosiddetti
"bambini della post-privatizzazione" sono costretti a trasferirsi
in stazioni ferroviarie, edifici abbandonati e altri rifugi
temporanei, con la famiglia o più spesso da soli, con
altri piccoli senza tetto, in attesa che qualcosa accada; ma
nella maggior parte dei casi questi ricoveri di fortuna sono
destinati a diventare la loro abitazione a tempo indeterminato.
Inizia così per bambini che un tempo sarebbero stati
più o meno garantiti, una vita precaria, fatta di
espedienti e di accattonaggio.
La comparsa del fenomeno dei
bambini di strada in questi paesi - praticamente inesistente
prima del 1989 - si spiega dunque col deterioramento delle
condizioni di vita delle popolazioni e con la crescente
marginalizzazione economica e sociale di settori sempre
più vasti della società. Nella sola Mosca ci sono
oltre 60.000 bambini senza casa (un milione in totale nella
Federazione Russa); a Budapest essi sono tra i 10.000 e i 12.500,
mentre nella sola Bucarest ce ne sono oltre 5.000. In alcuni casi
i bambini diventano piccoli homeless quando gli orfanotrofi
statali ormai privi di risorse sono costretti a disfarsi di
loro.
Nella maggior parte dei paesi ex socialisti gli istituti di
assistenza all'infanzia sono così affollati - le famiglie
tallonate dal bisogno sempre più numerose "parcheggiano" i
loro figli in attesa di poterseli riprendere - da essere
costretti a rifiutare i bambini senza casa, per i quali,
scomparso ogni punto di riferimento, familiare o sociale, l'unica
alternativa rimane la vita di strada. E la vita di strada in
paesi così freddi e inospitali rischia di diventare una
trappola mortale. Per sopportare una vita difficile, in cui
insicurezza e solitudine sono all'ordine del giorno, la quasi
totalità degli street children slavi fa ricorso all'uso di
droghe povere come la "adela", micidiale collante a basso prezzo
in grado di offrire brevi momenti di euforia per rischiarare
l'angoscia quotidiana.
Si tratta di una nuova emergenza. Nonostante tutto, lo Stato
pensava ai suoi bambini e forniva alle famiglie qualche forma di
assistenza: la scuola con un pasto, tariffe pubbliche
controllate, assistenza sanitaria e opportunità ricreative
erano servizi concessi gratuitamente a tutti, che costituivano
una sorta di rete di sicurezza minima preventiva in grado di
salvare le famiglie - e i bambini - dall'indigenza.
Ora che il
sistema di assistenza pubblica è stato completamente
smantellato e la gran parte delle persone non dispone del denaro
sufficiente per i costosi servizi sanitari e ricreativi, al posto
della rete minima di sicurezza, per molti non c'è che un
salto nel vuoto.
Per la gran parte dei bambini che raggiungono la
strada, in fuga da famiglie abusanti o semplicemente non
più in grado di occuparsi di loro, le opportunità
sono davvero poche: trovare un lavoro nel settore formale
dell'economia è quasi un'utopia per chi ha ricevuto
un'istruzione scadente e non ha precedenti esperienze lavorative,
in un mercato del lavoro difficile e scarso di offerte come
quello della maggior parte dei paesi dell'Est.
Molti di loro si
riuniscono in piccole bande per le quali la possibilità
più realistica di guadagnare qualcosa è la strada
della microcriminalità. La loro età è
compresa tra i 14 e i 17 anni, ma alcuni di loro sono molto
più giovani. La gran parte sono zingari o appartenenti a
minoranze etniche malviste sul posto, mentre circa i 3/4 di loro
provengono dagli istituti statali. Poiché in molti paesi,
soprattutto Bulgaria e Romania, i bambini istituzionalizzati sono
numerosi, ciò fa temere che in futuro i bambini di strada
possano essere molti di più.
Ormai anche i bambini che hanno una famiglia regolare rischiano
di imboccare la china della devianza: lasciati soli per tutto il
giorno da genitori costretti a svolgere più di un lavoro
per garantire la sopravvivenza della famiglia, un numero
consistente di piccoli slavi vivono ormai abbandonati a se
stessi, preda dei mille rischi della strada. Secondo l'UNICEF il
numero di bambini abbandonati a se stessi è "catastrofico"
ed è in costante aumento il numero dei genitori
impossibilitati per più di un motivo a seguire i propri
figli nel processo di crescita. Il miraggio del "fare soldi a
tutti i costi" è diventato il credo delle giovani
generazioni nelle nuove economie di mercato ed è alla
radice del sempre maggiore disinteresse nei confronti della
scuola. Molti giovani lasciano la scuola per dedicarsi al piccolo
commercio più o meno legale, che spesso diventa
l'anticamera dell'emarginazione e della devianza.
Il mondo del crimine organizzato tende, all'Est come in
Occidente a utilizzare sempre più frequentemente
manodopera minorenne, ma qui le condizioni dell'infanzia sono
tali che il coinvolgimento dei ragazzi di strada nelle
attività criminose diventa scontato. Così il numero
di piccoli criminali sta raggiungendo in quasi tutte le
realtà urbane dell'Est europeo cifre da capogiro: in
Lituania i giovani tra i 14 e i 29 anni che costituiscono un
terzo della popolazione, commettono almeno la metà di
tutti i crimini commessi e il 75% di quelli più violenti.
Come dimostrano alcune indagini realizzate per la Commissione
Europea, l'aumento del crimine giovanile nell'Est europeo
è prevalentemente un fenomeno di gruppo: in Bulgaria e
Polonia circa i due terzi dei crimini compiuti da minorenni
vengono commessi da bande; oltre l'80% dei minorenni incarcerati
in Ungheria hanno agito in gruppo come in Ucraina. Nella
Federazione Russa, tra il 1985 e il 1995, il numero di crimini
commessi da bande giovanili si è più che
raddoppiato.
Per tutte le aree geografiche: notizie tratte da "Dossier
Unicef aprile 2000" dal sito www.unicef.it.