Vietato essere Malala, l’autobiografia bandita in tutte le scuole
Domenica 10 novembre 2013 la Federazione delle Scuole private pakistane ha deciso di vietare l’uso del libro autobiografico “I am Malala” (Io sono Malala), scritto dalla giovane attivista insieme alla giornalista britannica Christina Lamb. Il libro è stato vietato in 40.000 scuole private del Pakistan, perché considerato uno “strumento dell’Occidente”.
Lo ha annunciato Adeeb Javedani, presidente dell’Associazione per la gestione di tutte le scuole private del Pakistan. Come riporta l’Independent on Sunday, la
Federazione, che rappresenta 152.000 istituti in tutto il Paese, fra
cui quelli che formano i figli dell’élite politica ed imprenditoriale,
non vuole il volume nei programmi scolastici e non lo metterà neppure a
disposizione degli studenti nelle biblioteche. Secondo Javedani, «Il
libro rappresenta l’Occidente, non il Pakistan».
Anche
i vertici scolastici sottolineano l’«effetto negativo» che il libro
avrebbe sull’educazione degli studenti. Kashif Mirza, presidente
del’Associazione che riunisce gli istituti privati, spiega attraverso l’Independent on Sunday le ragioni del divieto:
Abbiamo analizzato il libro ed è emerso che ci sono molti commenti contrari all’ideologia dell’Islam, su cui si basa il Pakistan
Più
precisamente afferma che il nome del profeta Maometto viene citato nel
volume senza la sigla “La pace sia su di lui “, come è consuetudine in
molte parti del mondo islamico. Milioni di bambini che frequentano le
scuole private (la maggior parte visto il cattivo stato del sistema
scolastico pubblico del paese) non potranno leggere il libro di Malala,
probabilmente gli stessi scolari pachistani che dopo l’attentato avevano
riempito le strade di cartelli con la scritta “Sono Malala”.
E’
passato poco più di un anno dall’attentato che ha cambiato la vita di
Malala per sempre e risulta evidente che mentre la ragazza viene ormai
considerata un’eroina a livello internazionale, nel suo Paese di origine
crescono sentimenti anti-occidentali e si alimentano sentimenti contro
Malala stessa.
La
giovane ha rivelato verità scomode urtando i poteri politici e
religiosi pakistani. Nell’anniversario dell’attentato, la scuola che la
giovane frequentava non ha ricordato l’assalto. Studenti e insegnanti
hanno paura.
Anche se molte più bambine vanno a scuola dopo l’attentato
contro Malala e si presta maggiore attenzione all’educazione femminile
come risposta all’opinione pubblica internazionale, le minacce
terroristiche sono aumentate e i bambini si nascondono alle telecamere.
Parte
della popolazione locale si sente tradita da Malala, sostiene Ghufran
Alì, professore del Degree College dello Swat, come se lei avesse
abbandonato la valle per una vita più facile. Si rimprovera a Malala e
alle sue due amiche Shazia Ramzan e Kainat Riaz (ferite in maniera meno
grave durante l’attacco) di essersi trasferite in Gran Bretagna per
ricevere un’educazione gratuita, mentre migliaia di ragazze in Pakistan
continuano a rischiare la vita. Se Malala fosse ritornata in visita nel
paese, secondo il professore, la gente si sarebbe sentita meno sola e
abbandonata. Questo ragionamento non tiene conto però del grave pericolo
che correrebbe la giovane nel rimettere piede nello Swat: i militanti
minacciano di ucciderla se tornerà nel Paese.
A
seguito dell’attentato i terroristi talebani non solo lo hanno
rivendicato e non hanno ancora pagato per averlo commesso, ma hanno
descritto Malala come il simbolo dell’oscenità e degli infedeli. Il
portavoce dei talebani Shahidullah Shahid sostiene che i numerosi premi
ricevuti dalla ragazza sono stati ottenuti perché lei sta lavorando
contro l’Islam e che la ragazza è una spia americana.
La
sua battaglia contro l’Islam sarebbe la ragione principale dei suoi
premi. Molti studiosi islamici pakistani hanno denunciato pubblicamente i
tentativi da parte dei terroristi di montare giustificazioni religiose
inverosimili e l’attacco è stato fermamente condannato in Pakistan.
Purtroppo però esistono frange di partiti politici pakistani che, come i
terroristi , parlano di teorie del complotto: la sparatoria che ha
coinvolto Malala sarebbe stata una messa in scena della CIA, un pretesto
agli americani per continuare gli attacchi dei droni.
9 ottobre 2012: l’attentato a Malala
Un
proiettile ha colpito l’occhio sinistro e l’altro il collo e la spalla.
Inizialmente ricoverata in un ospedale militare vicino Islamabad, dove
fu operata di urgenza, una settimana dopo viene trasferita nel Regno
Unito per essere sottoposta a delicati e diversi interventi e cure
riabilitative. Gradualmente, riesce a riacquistare la vista e la voce.
Il 3 gennaio 2013, Malala viene dimessa dal Queen Elizabeth Hospital di
Birmingham ma il 2 febbraio viene sottoposta ad un intervento ulteriore
per la ricostruzione del cranio e il ripristino dell’udito. Questa
ragazza ha dovuto attraversare una situazione psicologica e medica
difficilissima e oggi vuole comunque rimanere in prima linea, non ha
voluto arrendersi, non vuole lasciare sola la gente spaventata dal
terrorismo in Pakistan e in tutto il mondo. Lei ha deciso di continuare
ad esporsi pubblicamente e non ha affatto dimenticato chi continua a
lottare per i propri diritti.
Con il suo libro, le interviste, il suo impegno difende il diritto all’istruzione, desidera dare forza e voce alle popolazione femminile oppressa. “ I am Malala” è un racconto appassionato, che vuole dare speranza a molte ragazze nel mondo, parla della sua guarigione quasi miracolosa ed è un insegnamento per tutti, soprattutto per coloro che, essendo nati in un paese libero, forse non comprendono a pieno l’importanza di un’istruzione libera da ogni coercizione di stampo religioso e/o politico.
La battaglia di Malala per l’educazione delle
bambine è iniziata quando aveva 11 anni, in un momento in cui i talebani
agivano e si muovevano apertamente nella valle.
Secondo
Ahmed Shah, amico di famiglia ed educatore, a sua volta minacciato di
morte per le sue attività a favore dell’istruzione delle bambine, il
fatto che gli aggressori della ragazza siano ancora liberi non aiuta.
Non saranno mai presi probabilmente, sottolinea, perché raramente la
polizia indaga su un incidente se i talebani lo rivendicano. E se
indaga, di solito la paura spinge i giudici a rilasciare gli imputati.
Alle
accuse o calunnie Malala risponde con spirito forte, coraggioso e
combattivo. Lo scorso 11 ottobre ha dichiarato che in futuro le
piacerebbe diventare primo ministro del suo Paese. Lo ha detto nel corso
di un’intervista alla Cnn. La 16enne ha specificato che inizialmente
avrebbe voluto dedicarsi alla medicina, ma col tempo ha capito che
potrebbe aiutare un numero maggiore di persone, diventando premier del
Pakistan. E a proposito del premio Nobel per la pace per la quale molti
la davano come candidata favorita, ma che poi è
andato all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, Malala
ha detto che “ha ancora molto da fare prima di meritarsi il Nobel”.
Il divieto della sua autobiografia non fa che confermare la paura per
le conseguenze che potrebbe scaturire dal messaggio universale di Malala
di pace e tolleranza tra Occidente e Oriente nelle nuove generazioni.
Del resto è stata proprio Malala a ricordare nel suo discorso all’Onu
che
Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione.
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