domenica 17 novembre 2013

Pakistan: Vietato leggere il libro di Malala



Vietato essere Malala, l’autobiografia bandita in tutte le scuole


Domenica 10 novembre 2013 la Federazione delle Scuole private pakistane ha deciso di vietare l’uso del libro autobiografico “I am Malala” (Io sono Malala), scritto dalla giovane attivista insieme alla giornalista britannica Christina Lamb. Il libro è stato vietato in 40.000 scuole private del Pakistan, perché considerato uno “strumento dell’Occidente”.

ht_malala_book_cover_kb_131003_16x9_992Lo ha annunciato Adeeb Javedani, presidente dell’Associazione per la gestione di tutte le scuole private del Pakistan. Come riporta l’Independent on Sunday, la Federazione, che rappresenta 152.000 istituti in tutto il Paese, fra cui quelli che formano i figli dell’élite politica ed imprenditoriale, non vuole il volume nei programmi scolastici e non lo metterà neppure a disposizione degli studenti nelle biblioteche. Secondo Javedani, «Il libro rappresenta l’Occidente, non il Pakistan».

Anche i vertici scolastici sottolineano l’«effetto negativo» che il libro avrebbe sull’educazione degli studenti. Kashif Mirza, presidente del’Associazione che riunisce gli istituti privati, spiega attraverso l’Independent on Sunday le ragioni del divieto:

Abbiamo analizzato il libro ed è emerso che ci sono molti commenti contrari all’ideologia dell’Islam, su cui si basa il Pakistan

Più precisamente afferma che il nome del profeta Maometto viene citato nel volume senza la sigla “La pace sia su di lui “, come è consuetudine in molte parti del mondo islamico. Milioni di bambini che frequentano le scuole private (la maggior parte visto il cattivo stato del sistema scolastico pubblico del paese) non potranno leggere il libro di Malala, probabilmente gli stessi scolari pachistani che dopo l’attentato avevano riempito le strade di cartelli con la scritta “Sono Malala”.


E’ passato poco più di un anno dall’attentato che ha cambiato la vita di Malala per sempre e risulta evidente che mentre la ragazza viene ormai considerata un’eroina a livello internazionale, nel suo Paese di origine crescono sentimenti anti-occidentali e si alimentano sentimenti contro Malala stessa.

La giovane ha rivelato verità scomode urtando i poteri politici e religiosi pakistani. Nell’anniversario dell’attentato, la scuola che la giovane frequentava non ha ricordato l’assalto. Studenti e insegnanti hanno paura. 

Anche se molte più bambine vanno a scuola dopo l’attentato contro Malala e si presta maggiore attenzione all’educazione femminile come risposta all’opinione pubblica internazionale, le minacce terroristiche sono aumentate e i bambini si nascondono alle telecamere.


Parte della popolazione locale si sente tradita da Malala, sostiene Ghufran Alì, professore del Degree College dello Swat, come se lei avesse abbandonato la valle per una vita più facile. Si rimprovera a Malala e alle sue due amiche Shazia Ramzan e Kainat Riaz (ferite in maniera meno grave durante l’attacco) di essersi trasferite in Gran Bretagna per ricevere un’educazione gratuita, mentre migliaia di ragazze in Pakistan continuano a rischiare la vita. Se Malala fosse ritornata in visita nel paese, secondo il professore, la gente si sarebbe sentita meno sola e abbandonata. Questo ragionamento non tiene conto però del grave pericolo che correrebbe la giovane nel rimettere piede nello Swat: i militanti minacciano di ucciderla se tornerà nel Paese.


A seguito dell’attentato i terroristi talebani non solo lo hanno rivendicato e non hanno ancora pagato per averlo commesso, ma hanno descritto Malala come il simbolo dell’oscenità e degli infedeli. Il portavoce dei talebani Shahidullah Shahid sostiene che i numerosi premi ricevuti dalla ragazza sono stati ottenuti perché lei sta lavorando contro l’Islam e che la ragazza è una spia americana.

La sua battaglia contro l’Islam sarebbe la ragione principale dei suoi premi. Molti studiosi islamici pakistani hanno denunciato pubblicamente i tentativi da parte dei terroristi di montare giustificazioni religiose inverosimili e l’attacco è stato fermamente condannato in Pakistan. Purtroppo però esistono frange di partiti politici pakistani che, come i terroristi , parlano di teorie del complotto: la sparatoria che ha coinvolto Malala sarebbe stata una messa in scena della CIA, un pretesto agli americani per continuare gli attacchi dei droni.

9 ottobre 2012: l’attentato a Malala


Un proiettile ha colpito l’occhio sinistro e l’altro il collo e la spalla. Inizialmente ricoverata in un ospedale militare vicino Islamabad, dove fu operata di urgenza, una settimana dopo viene trasferita nel Regno Unito per essere sottoposta a delicati e diversi interventi e cure riabilitative. Gradualmente, riesce a riacquistare la vista e la voce. Il 3 gennaio 2013, Malala viene dimessa dal Queen Elizabeth Hospital di Birmingham ma il 2 febbraio viene sottoposta ad un intervento ulteriore per la ricostruzione del cranio e il ripristino dell’udito. Questa ragazza ha dovuto attraversare una situazione psicologica e medica difficilissima e oggi vuole comunque rimanere in prima linea, non ha voluto arrendersi, non vuole lasciare sola la gente spaventata dal terrorismo in Pakistan e in tutto il mondo. Lei ha deciso di continuare ad esporsi pubblicamente e non ha affatto dimenticato chi continua a lottare per i propri diritti.

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Con il suo libro, le interviste, il suo impegno difende il diritto all’istruzione, desidera dare forza e voce alle popolazione femminile oppressa. “ I am Malala” è un racconto appassionato, che vuole dare speranza a molte ragazze nel mondo, parla della sua guarigione quasi miracolosa ed è un insegnamento per tutti, soprattutto per coloro che, essendo nati in un paese libero, forse non comprendono a pieno l’importanza di un’istruzione libera da ogni coercizione di stampo religioso e/o politico.
La battaglia di Malala per l’educazione delle bambine è iniziata quando aveva 11 anni, in un momento in cui i talebani agivano e si muovevano apertamente nella valle.

Secondo Ahmed Shah, amico di famiglia ed educatore, a sua volta minacciato di morte per le sue attività a favore dell’istruzione delle bambine, il fatto che gli aggressori della ragazza siano ancora liberi non aiuta. Non saranno mai presi probabilmente, sottolinea, perché raramente la polizia indaga su un incidente se i talebani lo rivendicano. E se indaga, di solito la paura spinge i giudici a rilasciare gli imputati.


Alle accuse o calunnie Malala risponde con spirito forte, coraggioso e combattivo. Lo scorso 11 ottobre ha dichiarato che in futuro le piacerebbe diventare primo ministro del suo Paese. Lo ha detto nel corso di un’intervista alla Cnn. La 16enne  ha specificato che inizialmente avrebbe voluto dedicarsi alla medicina, ma col tempo ha capito che potrebbe aiutare un numero maggiore di persone, diventando premier del Pakistan. E a proposito del premio Nobel per la pace per la quale molti la davano come candidata favorita, ma che poi è andato all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, Malala ha detto che “ha ancora molto da fare prima di meritarsi il Nobel”.

Il divieto della sua autobiografia non fa che confermare la paura per le conseguenze che potrebbe scaturire dal messaggio universale di Malala di pace e tolleranza tra Occidente e Oriente nelle nuove generazioni. Del resto è stata proprio Malala a ricordare nel suo discorso all’Onu che


Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione.

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