sabato 29 giugno 2013

Una storia dal Canada

E poi ci sono ragazze come lei, che con un discorso alla conferenza delle Nazioni Unite in Brasile (Rio de Janeiro) 3-14 giugno 1992 zittì il mondo per 6 minuti.

"Buonasera, sono Severn Suzuki e parlo a nome di ECO (Environmental Children Organization).
Siamo un gruppo di ragazzini di 12 e 13 anni e cerchiamo di fare la nostra parte. Vanessa suttie, Morgan Geisler, Michelle Quaigg e io. Abbiamo raccolto i NOSTRI soldi per venire in questo posto lontano 5000 miglia, per dire alle Nazioni Unite che devono cambiare il loro modo di AGIRE.

Venendo a parlare qui non ho un'agenda nascosta, sto solo lottando per il mio futuro.
Perdere il mio futuro non è come perdere un'elezione o alcuni punti sul mercato azionario.
Sono qui a parlare a nome delle generazioni future.
Sono qui a parlare a nome dei bambini ch stanno morendo di fame in tutto il pianeta e le cui grida rimangono inascoltate.
Sono qui a parlare per conto del numro infinito di animali che stanno morendo nel pianeta, perché non hanno alcun posto dove andare.

Ho paura di andare fuori al sole perché ci sono i buchi nell'ozono, ho paura di respirare l'aria perché non so quali sostanze chimiche contiene.
Ero solita andare a pescare a Vancouver, la mia città, con mio padre, ma solo alcuni anni fa abbiamo trovato un pesce pieno di tumori. E ora sentiamo parlare di animali e piante che si estinguono, che ogni giorno svaniscono per sempre.
Nella mia vita ho sognato di vedere grandi mandrie di animali selvatici e giungle e foreste pluviani piene di uccelli e farfalle, ma ora mi chiedo se i miei figli potranno mai vedere tutto questo.

Quando avevate la mia età, vi preoccupavate forse di queste cose? Tutto ciò sta accadendo sotto i nostri occhi e ciò nonostante continuiamo ad agire come se avessimo a disposizione tutto il tempo che vogliamo e tutte le soluzioni.
Io sono solo una bambina e non ho tutte le soluzioni, e mi chiedo se siete coscienti del fatto che non le avete neppure voi. Non sapete come si fa a riparare i buchi nello strato di ozono, non sapete come riportare indietro i salmoni in un fiume inquinato, non sapete come si fa a far ritornare in vita una specie animale estinta, non potete far tornare le foreste che un tempo crescevano dove ora c'è un deserto!!

SE NON SAPETE COME FARE A RIPARARE TUTTO QUESTO, PER FAVORE SMETTETE DI DISTRUGGERLO!

Qui potete essere presenti in veste di delegati del vostro governo, uomini d'affari, amministratori di organizzazioni, giornalisti o politici, ma in verità siete madri e padri, fratelli e sorelle, zie e zii e tutti voi siete anche figli.
Sono solo una bambina, ma so che siamo tutti parte di una famiglia che conta 5 miliardi di persone, per la verità, una famiglia di 30 milioni di specie E NESSUN GOVERNO, NESSUNA FRONTIERA POTRA' CAMBIARE QUESTA REALTA'.

Sono solo una bambina ma so che dovremmo tenerci per mano e agire insieme come un solo mondo che ha un solo scopo.
La mia rabbia non mi acceca e la mia paura non m'impedisce di dire al mondo ciò che sento.
Nel mio paese produciamo così tanti rifiuti, compriamo e buttiamo via, compriamo e buttiamo via, e tuttavia i paesi del nord non condividono con i bisognosi.
Anche se abbiamo più del necessario, abbiamo paura di condividere, abbiamo paura di dare via un po' della nostra ricchezza.

In Canada, viviamo una vita privilegiata, siamo ricchi d'acqua, cibo, case, abbiamo orologi, biciclette, computers e televisioni. La lista può andare avanti per due giorni.
Due giorni fa, qui in Brasile siamo rimasti scioccati, mentre trascorrevamo un po' di tempo con i bambini di strada.
Questo è ciò che ci ha detto un bambino di strada: "Vorrei essere ricco, e se lo fossi vorrei dare ai bambini di strada cibo, vestiti, medicine, una casa, amore ed affetto".
Se un bimbo di strada che non ha nulla è disponibile a condividere, perché noi che abbiamo tutto siamo ancora così avidi?

Non posso smettere di pensare che quelli sono bambini e hanno la mia stessa età, e nascere in un paese o in un altro fa ancora tanta differenza, potrei essere un bambino in una favela di Rio o una bambina che muore di fame in Somalia, o vittima di guerra in medio-oriente o un mendicante in India.

SONO SOLO UNA BAMBINA ma so che se tutto il denaro speso in guerre fosse destinato a cercare risposte ambientali, terminare la povertà e per siglare degli accordi, che mondo meraviglioso sarebbe questa terra!

A scuola, persino all'asilo, ci insegnate come ci si comporta al mondo. Ci insegnate a non litigare con gli altri, a risolvere i problemi, a rispettare gli altri, a rimettere a posto tutto il disordine che facciamo, a non ferire altre creature, a condividere le cose, a non essere avari. Allora, perché voi fate proprio quelle cose ch ci dite di non fare? Non dimenticate il motivo di queste conferenze: perché le state facendo?

Noi siamo i vostri figli, voi state decidendo in quale mondo NOI dovremo crescere.
I genitori dovrebbero poter consolare i loro figli dicendo: "Tutto andrà a posto. Non è la fine del mondo, stiamo facendo del nostro meglio". Ma non credo che voi possiate dirci più queste cose. Siamo davvero nella lista delle vostre priorità?
Mio padre dice sempre "siamo ciò che facciamo, non ciò che diciamo". Dunque, ciò che voi state facendo mi fa piangere la notte.
Voi continuate a dire che ci amate, ma io vi lancio una sfida: per favore, fate che le vostre azioni riflettano le vostre parole.
GRAZIE!

Infibulazione

In "Adolescenza nel mondo" non si può non parlare anche dell'infibulazione, perché viene praticata proprio in un'età che va dalla pubertà all'adolescenza e si ripete anche da adulte.

Il termine "infibulazione" definisce una procedura mutilativa degli organi genitali femminili esterni: la vagina viene parzialmente chiusa all'altezza della metà delle grandi labbra attraverso una sutura che lascia solo un piccolo passaggio per l'urina e il sangue mestruale (la rimozione del clitoride può o non può essere inclusa).

In effetti esistono anche altri tipi di mutilazioni dei genitali femminili presenti in diverse aree culturali:
- la sunna, più lieve, che incide su una parte soltanto della clitoride,
- l'escissione, che comporta una clitoridectomia totale.


Sono almeno 40 i paesi in cui è diffusa la pratica delle mutilazioni sessuali sulle bambine: dall'Africa sub-sahariana a gran parte dell'Africa occidentale ad alcune zone dell'Asia sud-orientale. In queste culture non aver subito la mutilazione genitale significa isolamento sociale.

Recentemente, tra le comunità di immigrati in Europa e Nord America, sono stati segnalati molti casi, solo quelli denunciati dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sono tra i 100 e i 130 milioni.
In Italia vivono alcune decine di migliaia di donne infibulate e, ogni anno, numerose bambine con genitori provenienti soprattutto dai paesi dell'Africa sub-sahariana rischiano di essere sottoposte a questo rituale.

Conseguenze:
Dopo che il "matrimonio-contratto" è stato concordato, la madre o la sorella dello sposo esaminano la ragazza per constatare se l'infibulazione è intatta (poca importanza viene data all'imene che è difficile da visualizzare).
Il matrimonio è impossibile da consumare a causa della barriera generata chirurgicamente, allora lo sposo o i parenti della sposa allargano l'apertura vaginale con un piccolo coltello così che i rapporti sessuali possano avere luogo. E' responsabilità delle parenti femminili dello sposo di esaminare la sposa poche settimane dopo il matrimonio e, se necessario, allargare l'apertura vaginale.
L'allargamento fatto per la consumazione del matrimonio non è sufficiente per permettere il parto, perciò, in quel momento, l'infibulazione deve essere ancora allargata. Questa incombenza è generalmente svolta dalla nonna. Dopo il parto l'infibulazione deve essere ripetuta.
Talvolta si verificano infezioni e emorragie quando l'infibulazione è praticata. In certi casi si formano delle cisti. Ritenzioni urinarie sono altre complicazioni che si possono verificare.

E tutta questa sofferenza per cosa?
Perché la donna deve essere illibata! Deve arrivare vergine al matrimonio. Non deve essere stata di nessun altro se non del futuro marito.
Anche nel nostro paese fino a qualche decennio fa c'era la concezione dell'illibatezza e della segregazione della donna (guai ad indossare i pantaloni, o la minigonna, o a non coprirsi il capo con un fazzoletto, e tante altre "accortezze" che non sto ad elencarvi), ma da qui ad arrivare a questo rituale ce ne passa d'acqua sotto i ponti!

La differenza tra americani, francesi, peruviani...

Perché i bambini americani sono così viziati?
Elizabeth Kolbert in un lungo articolo paragona i figli dell’America con i bambini francesi, molto educati e responsabili a suo dire, e con i piccoli amazzoni peruviani della tribù Matsigenka. Sono proprio questi ultimi a sottolineare gli errori educativi degli occidentali: a tre anni sono capaci di riscaldare il proprio cibo sul fuoco, sanno intagliare rami col machete, ubbidiscono ai genitori senza fiatare e soprattutto senza coercizioni né punizioni severe. I loro coetanei americani, invece, nemmeno a dieci o undici anni partecipano volentieri alle faccende domestiche, pretendono di giocare oziosamente per ore davanti al computer e si ribellano ferocemente quando mamma o papà tentano di ripristinare una qualche disciplina. Per non parlare dei ventenni-trentenni statunitensi: molti di loro, dopo l’università, tornano nella casa dei genitori e vivono come se fossero adolescenti, si svegliano tardi, brontolano se rimbrottati (...)
I genitori francesi, invece, sembrano naturalmente portati a instillare il senso di responsabilità ai loro figli: non accorrono immediatamente quando il bambino piange e sono sicuri che la frustrazione va imparata fin dall’infanzia per poter affrontare il mondo consapevoli che non tutto sia dovuto.

Ma basta davvero diventare più severi per ottenere una progenie matura?
Osservando i genitori Matsigenka, gli antropologi hanno notato che questi incoraggiano i loro bambini ad assumersi responsabilità molto presto, accettando che possano correre dei rischi.
Lasciare che un bambino possa usare un machete verrebbe immediatamente interpretato, in Occidente, come una palese forma di irresponsabilità genitoriale. E così sembra che padri e madri del nostro mondo (cosiddetto civilizzato) pensino che i loro pargoli non siano in grado nemmeno di allacciarsi le scarpe o rifarsi il letto. Un paradosso, visto che quando invece si tratta di decantare le qualità dei loro figli, non sembrano secondi a nessuno.

E dunque, come vengono educati i bambini Matsigenka?
Premiandoli molto quando si rendono utili e autosufficienti, e raccontando loro favole dove le persone pigre e incapaci di eseguire piccole attività alla fine periscono miseramente. Un metodo calvinista che stava alla base dell’educazione dei nostri genitori e dei nostri nonni, e che molti genitori sembrano aver disimparato volontariamente, è quella che soltanto “spalando la neve” sul cammino dei nostri bambini alla fine il cammino sarà più facile e glorioso.

Quale metodo educativo è il migliore, secondo voi?

venerdì 28 giugno 2013

Una storia dall'India

Nick Kristof, è un giornalista che per caso si è imbattuto in Minati (il nome è immaginario) quando ha accompagnato i rappresentanti della Ong International Justice Mission, scortati dalla polizia, in un bordello di Calcutta. Una ragazzina di 19 anni che quando si è accorta della presenza di una delegazione occidentale e delle forze dell'odine nel suo inferno ha gridato loro "portatemi via". Ignara del fatto che stesero cercando un'altra persona.

E' certo che se Kristof non si fosse fatto incuriosire da questa insolita richiesta (raramente le prostitute indiane cercano di attitrare l'attenzione di chi non frequenta regolarmente i locali in cui lavorano) nessuno avrebbe mai scoperto la sua storia. E Minati sarebbe ancora oggi prigioniera dei suoi padroni. Sì, padroni, che l'hanno acquistata da un uomo del suo villaggio che l'ha prima drogata e poi rapita, e che ritengono di poterne gestire come preferiscono la vita.

L'incubo di questa ragazza è iniziato due anni fa quando, ancora diciassettenne, è stata picchiata dal fratello (suo unico tutore dopo la morte dei genitori) dopo aver discusso con lui per un problema economico. Minati racconta con le lacrime agli occhi la paura provata quel giorno. Anche se nei due lunghissimi anni successivi ha probabilmente rimpianto la scelta fatta dopo la lite. Vale a dire quella di scappare. Una fuga improvvisata che l'ha fatta cadere in un'altra trappola, ben peggiore dei colpi che avrebbe potuto ricevere dal fratello. Di quel giorno Minati ricorda solo di essere entrata in una casa da te' per riscaldarsi un po' e di aver ordinato qualcosa da bere. Poi più nulla, se non il terribile risveglio in un bordello di Calcutta, nel momento in cui chi ce l'aveva condotta riceveva l'incasso dalla coppia che l'aveva acquistata.

Da quel giorno la sua vita è cambiata. Ha dovuto imparare rapidamente a soddisfare i clienti che la sua protettrice le assegnava e smettere di protestare. Consapevole che in cambio avrebbe ricevuto solo percosse. Fino a quando non ha incrociato gli sguardi di questo gruppo di occidentali, a cui ha fatto arrivare il suo messaggio di disperazione.
Oggi Minati è di nuovo libera, e racconta che le ragazze con cui ha trascorso ogni minuto libero negli ultimi due anni non capiscono dove abbia trovato il coraggio per chiedere aiuto. Perché le donne indiane una volta diventate prostitute preferiscono morire piuttosto che ottenere la libertà in una società che non le accetterà mai. Minati, invece, un compromesso tra la vergogna e il desiderio di libertà lo ha trovato: vuole trasferirsi lontano da tutti. Da Calcutta e dal paesino del bengala Occidentale da cui proviene. In maniera che nella sua nuova città, dove potrà finalmente iniziare una nuova vita, nessuno potrà mai conoscere i dettagli del suo passato.
Per ricominciare da zero l'ottimismo è importante, ma Minati non considera che nel suo paese per una donna single è quasi impossibile trovare lavoro. Figuriamoci per chi si trasferisce da fuori e si rifiuta di spiegare che fine abbia fatto la sua famiglia. Nella migliore delle ipotesi potrebbe ritrovarsi emarginata da tutti. Eppure, anche questa condizione segnerebe un netto miglioramento rispetto al passato per questa ragazza.

Pakistan: il coraggio di Malala

Eh già... l'adolescenza non è davvero uguale per tutti nel mondo!

Malala è una ragazzina pakistana della regione dello Swat. Dei talebani l’hanno spiata, seguita e le hanno sparato alla testa e al collo perché a loro detta diffondeva tramite il suo blog idee laiche e occidentali, quindi oscene. Idee come queste: ”Dateci penne oppure i terroristi metteranno in mano alla mia generazione le armi“.
Questa ragazza così giovane ha denunciato il regime talebano, ha lottato dal suo blog per chiedere penne, istruzione, la possibilità di esistere e non semplicemente sopravvivere.

Educare deriva da una parola latina e vuol dire ” portare fuori”, tirare fuori il meglio. Malala è una di quegli adolescenti che l'ha fatto!
Si può essere grandi, splendidi, saggi e coraggiosi anche a 14 anni. Gli anni di Malala. Gli anni del tutto è possibile e in cui crescere, studiare, sbagliare e migliorare è un diritto. Rischiare di morire per la libertà, no.

Dobbiamo renderci conto che non c’è mai un regime buono, mai del bene nel disprezzare la libertà e la conoscenza.
Ho pubblicato di Malala perché ...studiare, conoscere, essere curiosi ...è legittima difesa!
Malala è sopravvissuta a quel feroce assalto a colpi di proiettili e ha ripreso la sua vita. Certo, per lei nulla sarà come prima, ...anche per il fatto che è stata proposta per il premio nobel per la pace!!
E inoltre è diventata il simbolo di forza, tenacia e libertà, per tutte le sue coetanee costrette alla restrizione in ogni campo della loro vita, e che non avevano avuto lo stesso coraggio di questa giovane donna che ha rischiato di morire trucidata in un attentato sull'autobus della scuola.

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Africa: bambini soldati

Gli adulti hanno la responsabilità, con i loro modelli di vita, di trasmettere ai bambini dei contenuti che ne permettano la crescita e lo sviluppo psicologico e sociale, in un contesto di pace e affetto. Ma questo non succede in tutte le parti del mondo: molti gruppi guerriglieri dopo averli rapiti alle rispettive famiglie, sottopongono i bambini all'uso di droghe per eliminare in loro dolore e paura e impiegarli così in azioni di lotta armata.
L’impiego di bambini e bambine soldato avviene in molti paesi, tra cui Repubblica centrafricana, Ciad, Costa d’Avorio, Repubblica democratica del Congo, Myanmar, Sri Lanka, Somalia e Yemen.
Spesso i bambini-soldato sono usati come schiavi sessuali, operai, portatori o spie dei gruppi armati. Molte volte vengono usati sui campi di battaglia per feroci attacchi corpo a corpo.
Alcuni sono regolarmente reclutati nelle forze armate del loro Stato, altri fanno parte di armate di opposizione ai governi; in ambedue i casi sono esposti ai pericoli della battaglia e delle armi, trattati brutalmente e puniti in modo estremamente severo. Una tentata diserzione può portare agli arresti e, in molti casi, a una esecuzione sommaria per mano di uno stesso bambino

In Mali e in Uganda Amnesty International ha raccolto i racconti di molti bambini soldato. Di seguito ne riporto due:
“Studiavo alla scuola coranica insieme ad altri 23 alunni. Due mesi fa il nipote del nostro maestro ci ha venduti agli islamisti. Ci hanno inserito in un gruppo di 14 ragazzi che portavano armi da fuoco. All’inizio, mi hanno detto di lavorare nelle cucine. Cucinavamo in una chiesa cristiana occupata. I ribelli ci picchiavano durante le lezioni di Corano perché volevano che pronunciassimo i nomi in arabo come loro”.
“Poi è iniziato l’addestramento a sparare, ci dicevano di mirare al cuore o ai piedi. Prima di andare a combattere, dovevamo mangiare riso mescolato con una polvere bianca e una salsa con una polvere rossa. Ci facevano anche delle iniezioni. A me, ne hanno fatte tre. Dopo le iniezioni e dopo il riso con quella polvere, mi sentivo come il motore di un’automobile, potevo fare qualsiasi cosa per i miei maestri. Immaginavo i miei nemici come cani e tutto quello che desideravo era di sparargli addosso.”
Segoù - Mali
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"Quando i ribelli arrivarono, io uscii dalla nostra casa tremando e con il cuore in gola. E' stata dura. I bambini che erano troppo deboli per camminare erano semplicemente tagliati a pezzetti con delle asce e lasciati a morire sulla strada.
Questo mi spaventò tantissimo. Nella foresta io fui assegnata a un uomo come sua seconda moglie. Se ci si rifiutava di rendere rispetto, … si era picchiati per bene."
Estella - Kitgum, Nord Uganda

giovedì 27 giugno 2013

Africa (Xhosa)

UBUNTU: IO SONO PERCHÈ NOI SIAMO... un'espressione in lingua bantu che indica "benevolenza verso il prossimo".
È una regola di vita, basata sulla compassione e il rispetto dell'altro.
Un antropologo propose un gioco ad un gruppo di bambini africani:
Mise un cesto pieno di frutta accanto a un albero e disse loro:
"il primo che vi arriva, vince i dolci frutti".
Quando disse "partenza", i bambini si presero tutti per mano e corsero verso il cesto, poi si sedettero e gustarono la frutta tutti insieme.
Quando l’antropologo chiese loro il perchè corsero tutti insieme, quando solo uno poteva avere tutto per sè, i bambini risposero:
"Ubuntu … come può uno di noi essere felice se tutti gli altri sono tristi"?

UBUNTU nella cultura Xhosa vuol dire: "IO SONO PERCHÈ NOI SIAMO".

La differenza tra Europei e Samoani

Oggi sappiamo (e constatiamo anche personalmente) che il disagio adolescenziale è appreso e quindi non è naturale, in quanto è originato da aspetti culturali e non biologici (anche se gli ormoni della crescita hanno il loro peso in questa fase di cambiamento!).
Infatti, le difficoltà personali incontrate dagli adolescenti occidentali non sono universali, e si può affermare che sono generate prevalentemente dalle costrizioni e dalle imposizioni che gli elementi più tradizionalisti e moralistici che la cultura occidentale impone.
Boys e girls samoani (ad esempio), al contrario di quelli occidentali, sarebbero lasciati liberi di giungere alla maturità fisica, identitaria, sessuale, sociale, senza condizionamenti eccessivi, e non soffrirebbero delle crisi e delle difficoltà incontrate dagli occidentali.
Un'altra causa delle differenze tra gli adolescenti samoani e di altri popoli è l’atteggiamento casuale verso la vita che hanno fin dalla nascita. 


L’aspetto più rilevante è la natura estremamente flessibile e dinamica della società che non da spazio a possibili fratture di ordine generazionale.
E mentre la nostra civiltà offre un immensità di opportunità (nel campo religioso, matrimoniale, lavorativo, personale) che portano l’individuo a nevrosi, questa è assente nel popolo samoano.
Inoltre, la principale differenza tra le due società è riferita alla situazione familiare. Ad esempio in Samoa sono stati eliminati i problemi riferiti a figli maggiori, minori o unici dato il gran numero di bambini per famiglia. Invece i figli maggiori nella nostra società sono oppressi di responsabilità. E quel che non accade nelle famiglie samoane, quindi, è che i figli minori non vengono viziati (come accade nella nostra società).